ENRICO CECCARELLI: DISCEPOLO
E MISSIONARIO
Il 5 ottobre si conclude a 49 anni l'esistenza
terrena di Enrico, un normale cristiano che ha fatto della sua
vita, insieme alla moglie Oesi Giannoni, un dono appassionato
al Regno, alla Missione, alla Chiesa.
La comunità ne ammira il
coraggio e l'esempio , aveva lasciato le certezze della vita
laica , abbandonato gli amici e il lavoro per mettersi al servizio
di Gesù tra i fratelli più poveri dell'Africa .
La sua opera continua grazie ad alcuni
laici e alla moglie che l'hanno fatta loro: Tra le sue speranze
, quella di costituire un "oratorio"
per i giovani presso la Chiesa di San Bernardino. Enrico si era
accorto come altri laici che i giovani solo lasciati a se stessi
nelle nostre parrocchie ed era bene recuperare il tanto famoso
oratorio anche se in chiave diversa, non solo come luogo di svago
ma come luogo di formazione con corsi stimolanti di vario genere
e nello stesso tempo recuperare al vangelo e al suo pensiero
l'animo giovanile sottoposto a numerose sollecitazioni distruttive
della personalità e delle speranze di vita. Pensiamo ai
diversi giovani suicidi ,anche nella nostra zona, ai giovani
disadattati e violenti e solo perchè non hanno avuto il
modo di ascoltare la parola di Dio ,perchè gli adulti
anche nella chiesa pensano solo al loro mondo . A questo proposito
rimandiamo ad un articolo della rivista sui giovani a Piombino. |
la vita
La coppia Enrico-Desi
Nativi di Piombino (LI), hanno riscoperto
insieme Gesù e il Suo Vangelo alla fine degli anni '80.
Raccontano essi stessi. "Eravamo tra quelli che si possono
definire brave persone, animati da tanti interessi meno che quello
per Dio. Ci siamo sposati in chiesa, abbiamo battezzato i nostri
figli perché "si fa così", perché
è tradizione, senza mai porci domande e cercando anzi
le scorciatoie possibili per non essere disturbati più
di tanto, aiutati anche dal fatto che nessuno ci aveva mai inquietato
con interrogativi più profondi". Intanto nella loro
parrocchia, nel quartiere Cotone a ridosso delle grandi acciaierie
della città, arrivavano padre Carlo Uccelli, missionario
saveriano ed Emma, missionaria laica, per dar vita al Centro
Fraternità Missionarie che prepara sacerdoti e famiglie
per una particolare modalità di presenza in missione.
Accolti dal Vescovo di allora, Mons.
Lorenzo Vivaldo, essi avevano chiesto e accettato la cura pastorale
di una parrocchia ritenuta, se animata con metodi missionari,
l'ambiente ideale per formare persone chiamate alla Missione
ad Gentes. In una riunione che regolarmente p. Carlo ed Emma
proponevano ai genitori che mandavano i figli al catechismo,
Enrico e Desi sentirono fortemente di essere chiamati a convertirsi
a una vita cristianamente coerente pur non sapendo ancora quali
passi concreti fare. Poco dopo p.
Carlo andò a casa loro per l'annuale visita alla famiglia
e leggendo con loro la parabola degli "invitati scortesi"
(Mt. 22,1-14), Enrico e Desi sentirono per la prima volta di
essere invitati a un banchetto, commensali di Dio. "Ricevendo
una notizia così - commentava sempre Enrico - come potevamo
restare fuori dalla sala di nozze?" Chiesero subito. "Cosa
possiamo fare?" Fu suggerito loro di incontrarsi con altri
cristiani a riflettere sulla Parola di Dio e a confrontarla con
la vita.
Dall'ascolto della Parola arrivarono alla partecipazione alla
vita parrocchiale, alla comprensione sempre più chiara
del Regno di Dio, della Missione e della Chiesa, al "si"
cordiale e radicale alle proposte di vita che le circostanze
concrete offrivano loro.
Aprirono subito la loro famiglia (tre figli nati vivi e sani
da numerose gravidanze difficili non giunte a termine e che facevano
dire a Enrico negli anni di malattia. "Una bella parte della
nostra famiglia è già in paradiso e quando arriverò
là me li prenderò tutti in collo questi nostri
figli che finalmente conoscerò") all'affido di ragazzi
in difficoltà e ne ebbero cinque. tre italiani, un albanese
e una saharawi. La porta sempre aperta, che si traduceva in solidarietà
e clima conviviale per tutti, era diventata la loro caratteristica
proverbiale. In casa loro ospitavano una delle Piccole Comunità
di cui è composta la parrocchia del Cotone, aiutando tutti
ad ascoltare e a vivere la Parola di Dio e anche accogliendo
e preparando le giovani coppie al matrimonio. Entrarono a far
parte del Centro Fraternità Missionarie con p. Carlo ed
Emma, diventando la coppia di riferimento per l'accoglienza e
la formazione dei candidati alla missione. Nel '98, appena si
crearono per loro le condizioni per una partenza missionaria
ad Gentes, partirono per il Mozambico insieme alle due figlie
Giulia e Caterina, lasciando a casa il primo figlio Filippo di
20 anni già capace di una vita autonoma. In Mozambico
vissero in Fraternità con p. Giuseppe Mauri, saveriano,
don Gianluca della diocesi di Pitigliano e una giovane coppia
di Ascoli Piceno, in una zona distrutta dalla guerra e nel periodo
della disastrosa alluvione di pochi anni fa dedicandosi all'ascolto
fraterno della nuova realtà, all'Evangelizzazione e alla
Promozione Umana, con uno stile di amicizia e di accoglienza
tipico di questa coppia. Nel 2001, rientrati in Italia per una
breve vacanza, durante accertamenti medici fu diagnosticato a
Enrico un cancro al polmone. Smarrimento, calvario delle cure,
ricerche, speranze e delusioni. .. come tutti in queste situazioni.
Però non si chiusero e, come ripetevano sovente, "non
volendo morire prima del tempo, ma vivere in pienezza da cristiani
fino alla fine", accolsero l'invito del Vescovo per la parrocchia
di S Bernardino rimasta senza prete e vi andarono ad abitarediventando
"la porta aperta e la casa accogliente" di sempre,
a partire dalla quale iniziarono un lavoro pastorale intelligente
e creativo. Con la malattia che avanzava, Enrico e Desi continuavano
a progettare e ad accogliere rimettendo la loro debolezza nelle
mani potenti di Dio che con queste persone compie miracoli di
amore. Enrico, pur tra tante difficoltà è rimasto
in piedi fino alla fine, fino a quando in sei giorni la malattia
ha avuto il sopravvento portandolo "a casa" nella Comunione
totale della Trinità, di quel Dio-Famiglia che ha tanto
amato e dove ci attende. |
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Le caratteristiche
di Enrico
Enrico era un uomo normale con difetti
e limiti come tutti, ma dalla sua vita emerge prepotente una
santità laicale e quotidiana che amiamo far conoscere.
ESSERE COPPIA Per chi li ha conosciuti
sa che non era mai possibile nominare l'uno senza l'altra. Con
la riscoperta della fede Enrico e Desi riscoprirono anche il
senso del matrimonio cristiano e i quattro comandi che Dio dà
alla coppia nei primi tre capitoli del Genes~ sono stati vissuti
in pienezza da loro due insieme. Enrico si sentiva profondamente
cristiano, discepolo di Gesù, nella scelta e consacrazione
matrimoniale (così la chiamava) che aveva fatto con Desi.
Alla proposta fattagli un giorno perché lui diventasse
diacono, così scriveva: "E'un onore grande che mi
sia stata fatta questa proposta per l'ineguagliabile servizio
che il diaconato svolge, ma io leggo la mia storia a partire
dall'essere coppia con Desi, non lasciando in ombra nessuno dei
due membri. La nostra conversione è stata di coppia. n
servizio ecclesiale al Cotone e ora a S. Bernardino, così
come quello sociale e di accoglienza, è stato di coppia.
Far parte del Centro Fraternità Missionarie e partire
per il Mozambico è stata ancora una scelta e un impegno
di coppia. Non sarebbe forse bene riconoscere e valorizzare di
più il "Mii1istero di coppia", tentando strade
che costruiscano la pastorale ordinaria non solo attorno a un
prete, ma anche a una famiglia, che è chiesa domestica?
In una chiesa che si propone come "Comunione di Comunità"
o "Famiglia di Famigiie", il ministero di coppia avrebbe
una grande potenzialità nel contribuire a realizzare questa
visione di chiesa". Quanta passione metteva parlando di
queste cose! Erano coppia in profonda sintonia e comunione e
proprio per questo coppia continuamente aperta e accogliente,
coppia anche oggi nella separazione perché Enrico sembra
"aver gettato il suo mantello" su Desi che con forza
e coraggio continua il cammino di fede, apertura, accoglienza.
AMANTE DELLA PAROLA La parola di Dio
è stata per Enrico la luce che rischiara il cammino, la
roccia su cui costruire la casa. Aveva particolarmente cari alcuni
brani del Vangelo, tra cui la parabola del Padre Misericordioso
(Lc. 15,11-32), proclamata anche nel giorno del suo funerale,
che proponeva a tutti e con la quale inizjava ogni serie di incontri
di formazione per adulti. Di essa diceva: "Questa Parola
ci dice chi è Dio. Quando si è conosciuto un Dio
così, come si fa a rifiutarlo?" Anche il brano "non
preoccupatevi" (Lc. 12,22-34) era il fondamento delle sue
scelte economiche sul lavoro e in famiglia e, con Desi, è
sempre stato coerente e radicale con questa Parola. Aveva poi
un modo tutto suo di spiegare il Vangelo con esempi molto concreti
e popolari che noi definivamo "le parabole secondo Enrico"
e che arrivavano diritto al cuore degli ascoltatori. Nell'ultimo
anno di vita era diventato ancora più sensibile all'ascolto
e alla comprensione della Parola e si lasciava istruire molto
concretamente da essa in qualsiasi cosa si accingesse a fare.
AMANTE DI UNA CHIESA CORRESPONSABILE
E MINISTERIALE Enrico, specialmente dopo il tempo trascorso in
Mozambico a contatto con un'altra ecclesiologja, parlava e operava
con passione perché si facesse in fretta strada una Chiesa
dove tutti, preti e laici insieme, sono corresponsabili e non
solo collaboratori; una chiesa ministeriale dove i credenti si
assumono servizi diversificati per il bet1t della comunità
cristiana e del mondo. Intorno alla lorocasa c'è un bello
spazio verde e ultimamente Enrico, per non godersi da solo lui
e la sua famiglia un dono simile, aveva abbozzato un progetto
che aveva definito "il giardino dei talenti", proprio
per convogliare le doti di tanti e farle diventare servizio per
il quartiere, i giovani, gli anziani, i più deboli socialmente.
Credeva infine che tutte le parrocchie dove ci si lamenta o si
sonnecchia possono risvegliarsi se viene seminata in abbondanza
la Parola, che converte i cuori e le abitudini statiche, ridonando
mentalità e slancio missionario e si appassionava molto
per questo.
MISSIONARIO Partito con la famiglia
per il Mozambico, è stato con tutti fratello, intuitivo,
creativo, disponibile.
Tra le tante cose vissute a Chibututuine nel campo dell'Evangelizzazione
e della Promozione Umana, è rimasto nella memoria il suo
modo di coinvolgere e rendere i poveri protagonisti della loro
liberazione. Al tempo dell' alluvione aveva ricevuto un apprezzamento
dal Governo locale proprio per aver coinvolto gli alluvionati
nella ricostruzione delle loro case, con i loro tempi e i loro
metodi. Anche qui la luce ricevuta dalla Parola lo guidava; "bisogna
far diventare vita la lezione di Gesù sulla solidarietà
anche in questo momento", diceva riferendosi alla pagina
della "condivisione dei pani" ( Mc. 6, 30-44)
IMPRENDITORE Enrico sapeva fare tante
cose e in gioventù aveva esercitato la professione di
cuoco che ora metteva a servizio dell' accoglienza e della convivialità
in casa sua. Ma per diversi anni ha gestito una azienda di oleodinamica
di 60 operai e ha svoltQ anche il servizio di Presidente dell'
Associazione Piccoli Imprenditori. I primi frutti della conversione
cristiana sono stati proprio sul lavoro. Aveva introdotto di
fatto la voce solidarietà nella gestione dell' Azienda
e, con grande fatica personaJe, aveva fatto dell'onestà
e della trasparenza i punti fermi del suo agire. Uomo dotato
di capacità imprenditoriali, le ha messe sempre aJ servizio
di tutti, per il bene comune e per la carità, sia in Italia
che in Mozambico. Tutto ciò che faceva animato dal Vangelo
le riteneva "scelte politiche", scelte cioè
fatte per il bene della poli s, per la responsabilità
nel bene che sentiva verso il genere umano.
PAPA' In una società come la nostra
nella quaJi i figli sono sovente diventati quasi degli idoli
e si trattengono il più possibile in casa per paure varie,
Enrico (con Desi) ha sempre ritenuto che essi non appartengono
solo aJla famiglia, ma sono anche di Dio e del mondo ai quali
vanno restituiti come aquilotti capaci di volare e non destinati
a becchettare al chiuso di un piccolo recinto. Per questo ha
sempre stimolato e aiutato per una autonomia responsabile, donando
opportunità e aiutandosi con la moglie a vivere il distacco
e a superare le critiche che inevitabilmente arrivavano.
Nei giorni della morte di Enrico, una mamma il cui figlio un
po' in difficoltà andava con aJtri giovani da lui tutti
i pomeriggi, commentava: "Se io sapessi di avere poco tempo
da vivere mi rinchiuderei in casa con i miei figli per godermeli,
altro che occuparsi dei figli problematici degli altri... . invece
Enrico... .quale lezione per tutti noi" Enrico, con Desi,
ha solo dilatato il suo amore e non ha tolto niente a quelli
di casa sua. E ha anche preparato i figli alla sua partenza parlandone
in termini di "essere sempre con Gesù", di risurrezione.
Non erano questi momenti mistificatori, ma momenti di dolore
e di verità, trasfigurati dalla fede.
OSARE Enrico è stato un inquieto
secondo il Regno di Dio. Sempre molto positivo, ha saputo osare
senza mai sedersi nelle posizioni raggiunte. Ha osato fino alla
fine: osato stare in piedi nonostante la malattia, osato non
arrendersi, osato sognare al di là delle apparenze del
limite, osato tentare e ritentare, osato con il coraggio della
fede e delle promesse del Signore, malgrado le tante lacrime
versate. . I "porti sicuri e tranquilli " non erano
per lui, per la sua coppia. Per questo Desi continua oggi con
fede e coraggio a osare ancora, oltre il dolore e il vuoto creatosi,
insieme con gli amici.
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